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da l’Avvenire

L’Irlanda ha una nuova presidente: Catherine Connolly, 68 anni, deputata indipendente di sinistra originaria di Galway, da sempre voce critica verso l’establishment politico ed economico del Paese. La sua è stata una vittoria schiacciante e annunciata – con il 63,7 percento dei voti – oscurata in parte però dal dato sull’affluenza: alle urne è andato meno del 40 per cento degli aventi diritto, un record negativo nella storia della Repubblica irlandese e il chiaro segnale di un tessuto civico sempre più diffidente verso la politica.

Sostenuta da Sinn Féin, Social Democrats e da una costellazione di movimenti progressisti, Connolly ha superato nettamente Heather Humphreys, candidata dai centristi di Fine Gael, che ha riconosciuto la vittoria dell’avversaria, ereditando da Michael D. Higgins – che per quattordici anni ha incarnato la coscienza civile del Paese – un ruolo simbolico in un momento in cui la credibilità delle istituzioni è in crisi. I numeri raccontano una stanchezza che va oltre le percentuali. Migliaia di elettori hanno infatti scelto di annullare la scheda, aderendo alla campagna di dissenso “Spoil the Vote” (Annulla il voto), nata per denunciare le regole troppo restrittive per la presentazione delle candidature.

Connolly dovrà adesso misurarsi con un mandato popolare forte nei numeri relativi ma fragile nel consenso reale. Ex psicologa e avvocatessa, deputata dal 2016, è nota per la sua retorica anti-neoliberista, per l’attenzione ai temi sociali e per la difesa della neutralità irlandese, messa in discussione dal governo con l’aumento delle spese militari. «Il Paese non ha bisogno di più armi ma di più fiducia», ha dichiarato nel suo ultimo comizio.

Durante la campagna è stata vittima di un episodio emblematico dei nuovi rischi democratici: un deepfake diffuso sui social la mostrava, in un falso telegiornale della tv pubblica RTÉ, annunciare il proprio ritiro e la vittoria dell’avversaria Humphreys. Il video, visto da oltre trentamila utenti prima di essere rimosso, è rimasto online per dodici ore. L’effetto, paradossalmente, è stato quello di rafforzarne l’immagine di outsider, simbolo di un Paese che non vuole essere ridotto a spettatore del proprio destino.

Anche l’ombra di Gaza ha pesato sulla campagna elettorale. Più dell’ottanta per cento degli irlandesi considera le azioni israeliane un genocidio, e molti accusano l’Ue di aver tradito la propria missione morale. Connolly ha dato voce a quel sentimento popolare parlando di “complicità europea” e chiedendo la sospensione dei rapporti militari e commerciali con Israele. È stata l’unica candidata a pronunciare la parola “Palestina” con convinzione, raccogliendo così l’eredità del suo predecessore, Michael D. Higgins. La nuova presidente è anche favorevole alla riunificazione dell’isola, che considera “inevitabile”, e ha paragonato l’aumento delle spese militari della Germania del cancelliere Friedrich Merz a quelle degli anni ‘30. Dichiarazioni che hanno suscitato critiche ma che le hanno guadagnato un consenso trasversale tra giovani, attivisti e chi sente l’Irlanda lontana dai poteri forti di Bruxelles, Londra e Washington. La scommessa di Catherine Connolly comincia ora. In un Paese dove meno di un elettore su due ha scelto di recarsi alle urne, il primo compito della nuova presidente sarà ridare senso alla partecipazione politica di fronte agli eloquenti segnali di protesta verso un sistema percepito come chiuso e distante.