Condividi

da L’Altravoce il Quotidiano

Israele può fermare, sequestrare e arrestare, come ha fatto, in spregio ad ogni sentimento di umanità prima che del diritto internazionale, le donne e gli uomini della flotta della Global Sumud Flotilla, ma non può arrestare e fermare l’indignazione, lo sdegno, il senso di giustizia e solidarietà verso il popolo palestinese. Lasciare morire di fame bambine/i, usare la fame come arma di guerra contro un popolo inerme, impedire di portare loro viveri e medicinali, è di una crudeltà e una barbarie che grida giustizia. Un grido che in questi giorni è risuonato forte e potente nelle piazze e nelle città di tutto il mondo; un risveglio delle coscienze, grazie alla missione umanitaria della Flotilla, di fronte all’ignavia dei governi e degli stati verso il genocidio di un popolo. Manifestazioni pacifiche con migliaia e migliaia di persone, di ragazze/i, a gridare “Palestina libera” e sventolare bandiere palestinesi. Quelle piazze sono palestre di politica per le nuove generazioni di tutto il mondo, come lo sono state per la mia quelle per la guerra in Vietnam. Anche noi, con Arafat, gridavamo “Palestina Libera” e sventolavamo la bandiera palestinese. Questo per dire che lo sterminio dei palestinesi non è iniziato dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre. Anche allora, come oggi, ci accusavano di antisemitismo, ma oggi ormai questa accusa non funziona più di fronte all’uccisione di 20.000 bambine/i palestinesi, di fronte a migliaia di bambine/i feriti, mutilati, orfani, affamati, ammazzati mentre in fila cercano un po’ di pane e di acqua per sopravvivere. Quanta crudeltà! Impedire alla Flotilla di portare il suo carico di viveri e medicinali ai sopravvissuti al genocidio, ancora in corso, è un crimine contro l’umanità. Che fine hanno fatto quei viveri e quei medicinali? Arriveranno mai ai palestinesi? Impedire di aprire una breccia nel blocco navale che Israele ha imposto sin dal 2009 in un mare che appartiene ai palestinesi e non agli israeliani, è un crimine contro l’umanità. Impedire di aprire un corridoio umanitario via mare per portare aiuti ad esseri umani stremati, è un crimine contro l’umanità. Di questi crimini e di genocidio Israele, l’Europa, gli stati e i governi suoi complici, come quello italiano, dovranno pur rispondere in qualche tribunale per essere giudicati e condannati. La storia e l’umanità li ha già condannati. Adesso, per ripulirsi la coscienza, accettano acriticamente il cosiddetto “piano di pace” di Trump e Netanyahu. Un piano su cui si sono accordati due uomini, due suprematisti, due vecchi del secolo scorso, residui di un mondo patriarcale violento e cultori della forza, che sia dei soldi o delle armi. È a questa visione del mondo che risponde quel piano. Una visione dentro a quella logica coloniale che la scrittrice palestinese in esilio Nada Elia nel suo libro La Palestina è una questione femminista chiama “colonialismo d’insediamento”. Il colonialismo d’insediamento è «furto di terre, spossessamento, sfollamento, supremazia ebraica», sul cui progetto è nato il sionismo e lo Stato d’Israele nel 1948. Con il “piano” di Trump e Netanyahu e il coinvolgimento della Gran Bretagna attraverso Tony Blair, l’immobiliarista che dovrà sovrintendere alla ricostruzione di Gaza, ai palestinesi sarà imposta la supremazia americana, israeliana e britannica. L’esercito israeliano continuerà ad occupare Gaza sine die, e i coloni in Cisgiordania a cacciare i palestinesi dalla loro terra e dalle loro case. Per quanto ingiusto sia, quel piano i palestinesi dovranno accettarlo vista la minaccia dei due cowboy di ammazzarli tutti, se non l’accettano. Tra morire e vivere, è sempre meglio vivere, anche a caro prezzo. Intanto, mentre scrivo, le manifestazioni non si fermano e una nuova flottiglia è partita per Gaza, dalla Turchia (45 navi) e dalla Sicilia (11), con medici e infermieri. Il mondo intero oggi è con Gaza e con la Flotilla.