Francesca Pasini. Uno slalom fra quadri libri film e qualche fuoripista sull’amore
Manuela Gandini
27 Luglio 2025
da La Stampa
Critica e curatrice, traccia un ritratto concettuale e visivo della comunità dell’arte degli ultimi decenni
Mi sono fatta «le ossa nelle discussioni sulla differenza sessuale nelle lunghe serate al Cicip e Ciciap, alla libreria delle donne di Milano, nella collaborazione al corso di Ida Farè alla Facoltà di Architettura di Milano, dove presento giovani artiste come Luisa Lambri, maestre e maestri come Marisa Merz, Luciano Fabro e Spalletti. Intanto l’amore con Giorgio e il suo libro su gnostici, streghe, baccanti (Occidente misterioso) mi fanno toccare con mano che il femminismo è necessario anche agli uomini».
Slalom. Arte contemporanea scritti e letture 1990-2024 (Mimesis) è un mosaico che restituisce un vivace ritratto concettuale, politico e visivo della comunità dell’arte degli ultimi decenni. È una specie di arazzo che lega tra loro persone, opere, micro e macro-eventi. Le parole riattivano il fluire dell’esperienza intellettuale e affettiva della critica e storica dell’arte medievale Francesca Pasini, cofondatrice della rivista Grattacielo – Occhi di donna sul mondo (1980), collaboratrice della rivista Alfabeta2 e curatrice, tra l’altro, del progetto “La quarta vetrina” alla Libreria delle Donne di Milano, iniziato da Corrado Levi nel 2001.
Minimale e universale, la sua scrittura fa emergere ricordi che ci portano lontano, in una dimensione domestica: ad esempio nella casa dei nonni paterni a La Fossa (Fagarè della Battaglia), con la signora Rita Liverani maestra privata, la nonna Maria che aveva studiato con orgoglio al collegio di Graz e il nonno Gigi che «leggeva a voce alta il giornale e mi faceva ascoltare la radio».
Lo Slalom di Pasini parte dal personale e si fa pubblico, raccoglie e attualizza articoli, saggi e presentazioni di mostre di un trentennio su figure molto diverse tra loro: dai notissimi Maurizio Cattelan, Carol Rama, William Kentridge, ai più giovani Marzia Migliora, Elisabetta Di Maggio, Maria Morganti, Sergio Racanati. Dentro le loro opere scorre la vita e si percepisce l’eco di progetti polifonici e di discussioni post o pre-vernissage.
Sono percorsi sia introspettivi sia collettivi che decodificano e disvelano le singole ricerche. «Quando ho visto nell’arte dei soggetti con cui parlare e discutere – scrive l’autrice – e non solo degli oggetti da ammirare e studiare, ho capito che i quadri, i libri, i film sono strati della mia biografia, come gli amori, gli affetti familiari, le amicizie, gli incontri quotidiani. Così ho deciso di fare degli slalom, tra i testi che ho scritto e quelli che mi suggeriscono gli eventi mentre scrivo. Sono andata spesso “fuori pista” non per aggiornarli, ma per trattarli come una persona a cui raccontare cosa penso». E al lettore suggerisce di farsi il proprio slalom personale stando di qui e di là. «Sottolineo libri e giornali perché mi piace parlare – scrive – l’ho capito con l’oralità teorica delle donne (autocoscienza e discussioni collettive) e con Radio Popolare di Milano dove ho imparato a far vedere a chi ascoltava le mostre che avevo visto io».
Il libro racconta come sono nate le idee delle mostre da lei curate e come si sono sviluppate. Peccato di novità alla Galleria Emi Fontana (1993) è stata ispirata dalla regola nemini licere insolita ponere immagine del Concilio di Trento che afferma: «Commettono “peccato di novità” gli artisti che disubbidendo all’iconografia stimolano il fantasticare della mente invece che la divozione». L’autrice ci rende partecipi della processualità generatrice dei suoi percorsi mentali e affettivi. Sullo sfondo c’è sempre Giorgio, il suo amore. La relazione con Giorgio Galli, prolifico intellettuale dalle intuizioni geniali, scomparso cinque anni fa, ha rappresentato per lei un brillantissimo confronto quotidiano sin da quando, poco dopo averlo conosciuto, gli invia un proprio testo. «Temendo di essermi lasciata troppo andare dall’intreccio arte/Heidegger/muro di Berlino, ho telefonato al politologo Giorgio Galli, chiedendogli se poteva leggere quello che avevo scritto e darmi un giudizio sincero. […] Il 2 febbraio 1990 ci vediamo, condivide quello che ho scritto. Galeotto fu il libro. Non ci siamo pi lasciati».
Questo anomalo “fuori pista” letterario è un incrocio fra il diario, l’autobiografia e il saggio, con inciampi, riflessioni, pensieri e ritorni a ricciolo sugli argomenti che stanno a cuore all’autrice. Il pregio è di avere redatto una sorta di antologia del contemporaneo che raduna le opere di numerose artiste e artisti, altrimenti disperse in innumerevoli cataloghi. Il confronto con la letteratura, la scienza e la storia, è serrato e continuo ed è focalizzato su dettagli che diventano argomento universale. Un giorno, di fronte all’Ultima Cena di Paolo Veronese, Pasini nota un bicchiere vuoto uguale a quelli con i quali brindava con Giorgio ad ogni suo compleanno. Quando però torna di fronte all’opera non lo trova più. Lo cerca ossessivamente e pensa «se me lo fossi sognato?». Con la tenacia della ricercatrice analizza più volte l’immagine al computer e lo ritrova. Quel bicchiere vuoto, misterioso, tenuto da un Moro vicino alla testa di Gesù è per lei un “peccato di novità”.