Testimoniare il male senza dimenticare il bene. Convegno nazionale delle Città Vicine
Franca Fortunato
8 Giugno 2025
Testimoniare il male senza dimenticare il bene è il titolo del convegno nazionale delle Città Vicine ospitato il 17 e 18 maggio scorso dalla Libreria delle donne di Milano in occasione del cinquantesimo della sua nascita. Un’ospitalità politica da parte di un luogo – come ha ricordato Anna Di Salvo nella sua relazione introduttiva – «fondativo di riferimento, di radicalità politica, di sostegno e apertura di orizzonti» per le Città Vicine che, a loro volta, il prossimo luglio compiranno 25 anni dalla loro nascita. Un percorso politico, quello delle Città Vicine, testimoniato da convegni, pubblicazione di libri, riviste, articoli, mostre Mail-Art e performance artistiche, vacanze politiche, viaggi per lunghi anni a Lampedusa, Riace, Niscemi, Sigonella, «luoghi di approdo a volte felice per le/i migranti in cerca di una nuova vita, spesso luoghi di morte dove donne, uomini e bambini hanno perso la vita in tragici naufragi. Anche luoghi dove la barbarie del nostro tempo ha installato missili, parabole e armamenti bellici e nucleari mettendo a rischio la vita degli/delle abitanti di quei paesi e imponendo un vero e proprio stato di guerra simbolico e reale». Di fronte allo smarrimento generato da un’Europa «rappresentata in gran parte da una leadership di donne che ha aderito alla politica del riarmo e si mostra condiscendente a scelte belliciste», tornano attuali le domande di Simone Weil riprese nel libro L’Europa delle Città Vicine (ed. MAG Verona 2017, a cura di Loredana Aldegheri, Mirella Clausi e Anna Di Salvo), tratto dal convegno del 21 febbraio 2016: «Cosa sta accadendo in Europa oggi? Quali prospettive e quali possibilità abbiamo di aprire nuove vie per un’Europa più vicina alle vite, ai bisogni, ai desideri? Ci sono pratiche che presentano una natura costituente oggi necessaria?» (da: La persona e il sacro). Di fronte a questa Europa e alle tragedie umane estreme, prima tra tutte il genocidio del popolo palestinese a Gaza, che tutte/i viviamo con un sentimento di “vertigine”, cosa significa testimoniare il male senza dimenticare il bene, frase che Maria Concetta Sala ha espresso nel convengo nazionale delle Città Vicine del 2023 per dire la sua pratica, come ha ricordato in apertura del convegno Clara Jourdan, che ha coordinato gli interventi?
Per Bianca Bottero, parafrasando Ada Colau, significa «trasformare la paura in speranza», per Loredana Aldegheri «resistere, saper guardare la magica forza del negativo», sapendo guardare, aggiunge Giusi Milazzo, le «piccole luci» che danno «speranza». Per Laura Colombo significa «riconoscere che anche nelle condizioni più dure c’è qualcosa da preservare, difendere, far emergere. Significa resistere alla tentazione di voltarsi dall’altra parte, guardare e agire, senza lasciarci paralizzare dal dolore né cadere nell’indifferenza. Significa imparare a stare nel patimento, restare alla realtà anche quando è dolorosa e trasformare la consapevolezza della sofferenza in una leva per agire». Un agire, secondo Maria Castiglioni, capace di produrre «azioni simboliche inedite, pratiche costituenti, che uniscano giustizia, bellezza e verità» come nell’azione delle Città Vicine nell’andare a Lampedusa e a Riace, facendosi «mediazione vivente». Mediazione vivente che ha in sé giustizia, verità e bellezza è la Libreria delle donne di Milano, aggiunge Laura Minguzzi. Per Simonetta Patané «rendersi conto del male» e voltarsi «verso il bene» non è bastevole in quanto le azioni sono «inefficaci» perché di «pochi», bisogna «riprendere in mano la forza» nel senso di agire con «forza» e «determinazione», «urlare», e si dice «non disposta ad essere meno forte per paura di essere violenta». Adriana Sbrogiò alla parola «violenza» reagisce dicendo di non essere d’accordo con Patané perché la violenza lei l’haconosciuta sul suo corpo con la guerra e perché la «violenza genera violenza» e solo se nella storia entra l’amore può cambiare qualcosa.
Clara Jourdan osserva che l’efficacia di un’azione non si misura sulla quantità ma sul piano simbolico. A Gaza, per esempio, «non possiamo fare cessare il massacro ma possiamo fare conoscere le mediazioni viventi che esistono e il fatto che sono poche non ci deve scoraggiare. Ci sono gruppi di donne e uomini israeliani che si incontrano diventando loro la mediazione vivente. Può sembrare che non abbiano efficacia ma non è vero, sul piano simbolico sono potenti». «Tutte le trasformazioni sono avvenute con pochi», dice Donatella Franchi che ricorda le parole di Hebe María Pastor de Bonafini, madre de Plaza de Mayo, pronunciate a Bologna nel 2007: «Per pensare la rivoluzione non occorre essere molte». Mediazione vivente è quella che fanno le donne di Città del Messico, presenti al convegno con Patricia Meza Rodríguez, che si mettono in relazione con le madri e le figlie delle donne vittime di femminicidio e ne riscattano la memoria, ricamando la loro storia e il loro nome.
In questo tempo di smarrimento generale «c’è la consapevolezza della ricerca di un nuovo vivere insieme e il femminismo, secondo Annarosa Buttarelli, è l’unica realtà mondiale che riesce ancora a pensare e a dare un orientamento» ma «deve imparare la sua trasformazione» che è «radicalità e originalità» perché «è quello che cercano le nuove generazioni», con le quali oggi esiste un problema di incomunicabilità, nel mentre la destra, secondo Mirella Clausi, riesce ad attirarle a sé dando «risposte al loro sentire» e utilizzando «intelligentemente un linguaggio più femminile di come sta facendo la sinistra». Questa generazione di giovani, dice Traudel Sattler «ha ottime relazioni con le proprie madri reali, invece con le madri simboliche si rivoltano. Ci sono dei muri che si sono creati. Molte giovani non conoscono il pensiero della differenza. Si rifiutano di sapere». Giovani che «sono tutte nell’azione e mancano di riflessione», aggiunge Donatella Franchi, ma vanno ascoltate ed «è importante trovare nuovi modi per dire le cose», aggiunge Silvia Baratella. C’è difficoltà di comunicazione anche con le donne di Non Una di Meno dove «non ce n’è una disposta a dialogare» e con il movimento Lgbtq+ che spesso nelle città, come a Catania, racconta Anna Di Salvo, dopo la presentazione del libro Vietato a sinistra. Dieci interventi femministi su temi scomodi (a cura di Daniela Dioguardi, Ed. Castelvecchi), arriva a «offese e delazioni e a veri e propri attacchi», causando la rottura con organizzazioni di sinistra che preferiscono stare dalla loro parte piuttosto che difendere decenni di politica insieme alle donne della differenza. Ma l’incomunicabilità non c’è solo fuori ma anche dentro il femminismo della differenza, come dice Letizia Paolozzi. Ma è solo incomunicabilità o c’è altro? Per Paolozzi c’è il fatto che donne della differenza, prima di tutto la Libreria di Milano, hanno riempito «di tanti contenuti» la differenza sessuale, quando si diceva che questa «non ha contenuti». Laura Colombo nel respingere tale accusa rileva che non è solo questione di linguaggio ma c’è altro, un non detto ed «è come quando si rompe una relazione d’amore per cui l’altro qualsiasi cosa faccia non basta mai». Incomunicabilità anche con le donne delle istituzioni «legate ai diritti, al genere e parlano neutro».
Come abbattere il muro dell’incomunicabilità? Con quali nuove pratiche? Con quale nuovo linguaggio? C’è come Luciana Tavernini chi ci sta provando con la «formazione» per «crescere insieme ad altre che vogliono capire come trasformare il mondo» e Annarosa Buttarelli con la sua Scuola di alta formazione per le amministratrici. Dall’incomunicabilità al conflitto con il potere. Come affrontare il conflitto con il potere? Chi è il potere? E se il potere sono i poteri forti, occulti, dice Daria Ferrari, come e con chi confliggere? Chi decide di confliggere con il potere va sostenuta sempre e comunque, anche se non si è d’accordo?
Un convegno, quello delle Città Vicine, come si può vedere dagli interventi, che ha dato modo di riflettere e dialogare su questioni dirimenti per le donne, le giovani e il femminismo della differenza sessuale e che restano aperte a ulteriori riflessioni e confronti. Ha indicato un orientamento per stare e agire in questo momento storico senza farsi sopraffare dal negativo.