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Che cosa spinge l’artista afghana Shamsia Hassani, a rischio della vita, a denunciare con i suoi murales le prepotenze e le violenze perpetrate soprattutto contro le donne in Afghanistan? Che cosa spinge l’artista Banksy a usare la sua arte per attirare l’attenzione sulla crisi dei rifugiati e sulle guerre? Che cosa spinge l’artista e attivista cinese Ai Weiwei a sostenere i diritti umani negati dal governo cinese? Che cosa spinge Ruggero Maggi, con i suoi libri d’artista, performance, mail art, a sposare e sostenere la causa del Tibet libero? Che cosa stimola l’agire per portare pace, occuparsi dell’ambiente, preservare i paesi pensando alle generazioni future, ma anche alle presenti per poter continuare a guardare e godere della bellezza della natura? Sono domande che la critica d’arte Katia Ricci qualche giorno fa ha posto all’inaugurazione a Foggia della mostra di mail art, coordinata da lei e organizzata dal circolo La Merlettaia e dalla rete delle Città Vicine. È l’amore per «un mondo più giusto, per i deboli, per il lavoro, per le alterità, per l’ambiente, per la pace. L’amore come sentimento, che diventa una forza politica che può trasformare la società, che contrasta la cultura della prevaricazione, del dominio e fa sperare nel futuro, l’amore che crea unione come la rete di Indra, interconnessa con l’universo, secondo un’antica metafora buddista». È questa la risposta che Ricci ha dato e che sta tutta nel titolo della mostra stessa, “Amore e/è politica” una politica che non guarda al potere, al dominio e alla forza, ma all’amore per il mondo da salvaguardare e di cui prendersi cura, all’ amore per la vita, per gli esseri umani, per la pace, le relazioni, il dialogo, lo scambio di idee, sentimenti, pensieri. «Perché amore e/è politica – si legge nel video sulla mostra realizzato da Maria Rosaria Campanella –, amore è energia trasformativa nell’accoglienza, nell’apertura all’altro, nella cura dell’ambiente, nella ricerca della pace. Tutto questo è politica». È politica delle donne, è femminismo che nasce dall’amore femminile per la madre, per le donne e che spinge, da tredici anni, Katia Ricci a coordinare mostre di mail art e invitare artiste/i, donne e uomini comuni, con cui nascono relazioni, a parteciparvi con opere, pensieri, idee che viaggiano attraverso la posta. È dall’amore delle loro insegnanti che nascono i lavori, che parlano di amore e di pace, di bambine/i di alcune scuole di Foggia e giovani dell’Accademia dell’Arte. Come dall’amore della loro maestra d’arte, la pittrice Ornella Cicuto, e delle sue allieve nascono i lavori, inviati per posta, di ragazze/i “speciali” de “La fabbrica dei Sogni” di Catanzaro. Anche Cicuto, la sua allieva Rosanna Macrillò e l’artista catanzarese Paola Quattrone hanno inviato loro opere. È l’amore che diventa politica che sta all’’origine stessa della mail art, una pratica artistica diffusasi agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, nelle due Americhe. «Mentre i nordamericani – scrive Katia Ricci in un suo articolo – si ribellarono al conformismo, ai critici delle gallerie e alle istituzioni, i latinoamericani invece si opposero ai propri regimi repressivi», come fecero, poi, anche gli artisti perseguitati nell’Europa dell’Est. Dal 1975 al ’79 alcune donne in tutto il mondo «iniziarono a inviarsi piccole opere d’arte con l’intento di unire aspetti del privato domestico e personale con il politico e il sociale». La mail art, da allora, continua a viaggiare per tutto il mondo e a Foggia sono centinaia le cartoline arrivate per la mostra, che dal 31 maggio in poi diventerà itinerante. Tra qualche giorno sarò dalle mie amiche di Foggia e la mostra si integrerà con la presentazione del libro “Femminismo mon amour” della Libreria delle donne di Milano.