Condividi

da L’Altravoce il Quotidiano

Ci sono giornalisti televisivi che con le loro inchieste rendono onore a se stessi e al giornalismo. Mi riferisco a Riccardo Iacona con la sua trasmissione Presa Diretta e a Sigfrido Ranucci con Report, l’uno subentrato all’altro quasi come un passaggio di testimone. Domenica scorsa Iacona ci ha regalato un reportage straordinario dentro Gaza, raccontato, attraverso le immagini e le testimonianze raccolte durante la tregua e poi nella ripresa feroce dei bombardamenti, da due giovani palestinesi, Fatena, una fotografa di venticinque anni che vive a Gaza City nel nord della striscia e Hassan, giornalista che si trova a sud. Case distrutte, emergenza sanitaria, quotidianità stravolta dall’assenza di luce, cibo e acqua, la morte che colpisce donne e bambine/i, è questo l’orrore dell’occupazione e dei bombardamenti d’Israele che, come ha denunciato il segretario generale dell’Onu, António Guterres, «ha trasformato Gaza in un campo di sterminio. I civili si trovano in un circolo di morte senza fine. Bombardati senza sosta, nessun posto è al sicuro. Non hanno accesso agli aiuti umanitari. Dobbiamo liberare i palestinesi». Alle sue parole fa eco l’iniziativa “Marcia verso Gaza” lanciata in Francia per giugno, tramite un gruppo Telegram a cui stanno aderendo in migliaia da tutto il mondo. Una marcia per raggiungere a piedi il valico di Rafah, forzare l’apertura della frontiera per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari e, se necessario, arrivare fino in Cisgiordania. Intanto Riccardo Iacona con il suo reportage è stato accusato di antisemitismo e di “parzialità” per aver intervistato Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati. La diplomatica ha denunciato come dall’ottobre 2023 a Gaza accadano «crimini di guerra e contro l’umanità, in violazione delle regole di guerra, crimini diffusi e sistematici contro la popolazione in maniera intenzionale». Scuole, ospedali, università, rete fognaria ed elettrica, tutto raso al suolo. Uccisi 60.000 palestinesi di cui 18.000 bambine/i e «dieci volte tanto quelli feriti molti dei quali menomati a vita, 1500 famiglie sterminate, tra le quattro e le cinque generazioni cancellate dalla terra». Israele che ha uno degli eserciti più potenti al mondo e del Medio Oriente sta facendo quello che chiamiamo acriticamente guerra, contro la popolazione di Gaza. «Non c’entra molto Hamas e non c’entra la liberazione degli ostaggi come ormai i politici israeliani lo dicono liberamente […]. Israele sta commettendo atti genocidari, volti a distruggere, a infliggere sofferenze fisiche e psichiche con l’intento di distruggere i palestinesi in quanto tali. Ad ogni guerra Israele porta avanti la pulizia etnica di quello che resta della Palestina, distruggendo tutto e ammazzando quanti più palestinesi possibili. È successo nel ’48, è successo nel ’67 e succede anche oggi. L’ Occidente, incluso il nostro Paese, continua a trasferire armi a Israele […], quando in realtà l’obbligo di tutti, inclusa l’Italia, è quello di non riconoscere, né aiutare, né assistere un Paese che commette violazioni come quella che la Corte di giustizia delle Nazioni Unite ha riconosciuto essere un’occupazione illegale, finalizzata all’acquisizione di terra, sfollando o mantenendo il regime d’apartheid dei suoi abitanti». Vedere e ascoltare cosa sta succedendo a Gaza, dove ancora oggi i reporter stranieri non possono entrare e i giornalisti locali vengono uccisi a centinaia, non è antisemitismo. Fare capire cosa sta subendo il popolo palestinese dopo un anno e mezzo da quel tragico 7 ottobre, non è antisemitismo. Togliere il velo a ogni giustificazione allo sterminio del popolo palestinese, non è antisemitismo. Riccardo Iacona per il suo reportage dentro Gaza va ringraziato e ogni tentativo di intimidazione va respinto.