#Noncisonoscuse: a Caltagirone uomini in piazza contro la violenza sulle donne
Silvia Marastoni
26 Aprile 2025
Intervista a Luca Cultrera
“[…] Mi piacerebbe organizzare a Caltagirone […] una manifestazione in cui a sfilare siano solo uomini: ragazzini, adolescenti, giovani, adulti, anziani. Nessuna bandiera politica, nessuna sigla. […] Solo uomini che in silenzio sfilino assumendosi la responsabilità della continua violenza perpetrata sulle donne, dal patriarcato infame ai femminicidi. […] invito […] chiunque voglia aderire, a scrivermi […] per capire insieme se e come realizzare questo evento”.
È partita così, con un post scritto il 2 aprile scorso dall’avvocato Luca Cultrera sulla sua pagina Facebook, l’iniziativa che sabato 19 ha portato in piazza centinaia di ragazzi e di uomini che hanno aderito alla sua proposta.
Un impulso, racconta al telefono l’avvocato Cultrera, «nato dalla profonda angoscia che ancora una volta ho provato dopo i femminicidi di Ilaria Sula a Roma e – ancor di più, per la sua vicinanza geografica e “di contesto” – di Sara Campanella a Messina, ma che viene da lontano: da molto tempo mi interrogo sulla violenza agita dagli uomini sulle donne. Come penalista me ne sono occupato sia dalla parte delle vittime che da quella dei carnefici. E anche “a partire da me” ho partecipato a molte manifestazioni, a eventi e dibattiti, trovando sempre vergognosa la scarsa presenza maschile: sempre donne che parlano ad altre donne, e gli uomini quasi del tutto assenti, come se questo fenomeno non ci riguardasse. Il senso di impotenza che ho provato per altri due brutali femminicidi mi ha spinto a fare qualcosa. Mi sono interrogato. Ho pensato alle volte in cui mi sono lasciato andare a battute meschine, sessiste, in cui il mio modo di pensare o di comportarmi ha potuto mettere a disagio una donna. Mi sono chiesto cosa possiamo fare noi uomini, cosa posso fare io, in prima persona. E ho sentito il desiderio di cercare altri uomini che vogliano mettere in moto insieme un percorso di presa di coscienza e di impegno per avviare un cambiamento culturale profondo e duraturo. Ma non mi aspettavo una reazione così positiva… Una condivisione così ampia e partecipata, che mi ha davvero sorpreso…».
Al suo messaggio, infatti, hanno da subito risposto in moltissimi: uomini che oltre a dare la loro adesione si sono messi a disposizione operativamente e hanno partecipato alla definizione dei contenuti e del “format” della manifestazione (come ad esempio Giovanni Canfailla, fotografo professionista che ha proposto una postazione dove chi voleva poteva farsi scattare una foto, per rappresentare concretamente il desiderio di “metterci la faccia”). Ma anche donne, che hanno appoggiato l’iniziativa e contribuito significativamente a diffonderla.
Una presenza e un contributo, quello femminile, a cui Luca Cultrera dà grande importanza: «Nel comitato organizzatore che abbiamo formato ho invitato una donna molto impegnata su questo tema, al cui pensiero e alla cui esperienza riconosco grande valore, perché ci restituisse il suo sguardo e il suo punto di vista sui contenuti e le modalità che andavamo elaborando fra uomini. Ed è stato, il suo, un contributo essenziale, che ci ha aiutato a mettere a fuoco meglio molte cose, oltre a consentirci di entrare in contatto con singole, gruppi e associazioni con cui lei è in rapporto. Dallo scambio con lei e altre è nata anche la frase che ha dato il nome all’iniziativa e al comitato che è stato costituito, #noncisonoscuse», e hanno preso forma le modalità con cui l’iniziativa si è svolta: «la manifestazione degli uomini, aperta da un telo bianco (perché troppe sono state le parole spese invano negli anni scorsi. È il tempo dell’azione, dei fatti concreti, dell’impegno), ha incontrato sul ponte di S. Francesco un corteo delle donne, alla cui testa c’era invece lo striscione con la scritta #noncisonoscuse: un momento ricco di significati simbolici, dalla scelta del luogo (perché per noi qui quello è proprio il ponte dell’incontro), all’immagine delle donne che da troppo si aspettano che gli uomini facciano i conti con il patriarcato e la violenza».
Insieme i due cortei hanno raggiunto Piazza del Municipio, «metafora del desiderio di un cammino comune, dopo il riconoscimento da parte dell’uomo che il percorso è lungo, che è rimasto indietro e che è sua, nostra responsabilità fare passi verso il cambiamento».
Lì dove ci sono stati diversi interventi ed è stato letto il “decalogo” elaborato dagli uomini: riconosco la fragilità e la sensibilità come qualità che rendono migliori gli esseri umani; esprimere le emozioni non è debolezza, ma forza; rispetto la libertà, l’autonomia e l’indipendenza di ogni donna: nessuno ha potere assoluto sull’altro; rimango fuori da ciò che non mi è concesso: il “no” di una donna non è una sfida da cogliere, ma un confine sacro e inviolabile; rifiuto l’uso della forza, della prepotenza e dell’aggressività come forme di interazione tra uomini e donne: non alzo la voce, non punto il dito, non mi impongo con la forza, non faccio commenti umilianti; non faccio battute sessiste e prendo le distanze da chi le fa; intervengo e denuncio qualsiasi forma di violenza contro le donne, anche se coinvolge qualcuno a me vicino: l’indifferenza è complicità; educo e mi educo: parlo apertamente di femminicidio e violenza di genere con figli, amici e colleghi; non cerco alibi: non ci sono scuse che giustifichino la violenza; non oserò mai fare a una donna ciò che non vorrei fosse fatto a mia figlia, a mia madre o alle persone a me più care; scelgo di non restare a guardare, agisco per il cambiamento: parteciperò alle manifestazioni #noncisonoscuse per onorare la memoria delle donne uccise finora».
Dopo il successo dell’iniziativa, «il sogno – l’ambizione», dice Luca Cultrera «è che da Caltagirone possa partire un’onda che si allarghi a macchia d’olio a tutto il nostro territorio – un Sud ancora molto segnato da una cultura patriarcale – e anche a livello nazionale».
Intanto il comitato ha deciso di proseguire nel suo percorso: i primi passi, «la richiesta che nelle scuole siano attivati spazi di educazione all’affettività, perché i bambini e i ragazzi, che siamo stati felici di vedere numerosi in corteo, imparino un’altra “grammatica delle relazioni” che li aiuti a uscire dal disagio che registriamo, dalla violenza che li circonda e che in troppi giovani agiscono; e l’apertura di centri d’ascolto per i maschi violenti, che qui sono del tutto assenti».