Fare politica fuori dalle identità
Michela Spera
13 Aprile 2025
Poco prima dell’incontro su Le madri di tutte noi (2 marzo 2025), in Libreria delle donne mi ha colpito una battuta: «…come eravamo intelligenti…». Con questa “allerta” ho seguito gli interventi introduttivi e la dicussione della redazione aperta di Via Dogana 3 e in particolare nell’incontro ho percepito la forza trasformativa messa in moto da una pratica politica che ha prodotto questo «modo di leggere che confonde vita e letteratura», ho visto il guadagno e la felicità provata da chi c’era.
Con il pensiero della differenza io ho guadagnato mediazioni e parole per il “qui e ora” con le quali ho abitato e mi sono radicata nel mondo, ricavando misura e forza dalle relazioni tra donne; sono riuscita a stare al mondo con un po’ di agio e il rapporto con la parola delle donne, con il femminismo della differenza, mi ha sostenuto nella mia impresa, il sindacato, e vedo la stessa pratica tra altre donne attorno a me, anche quando è inconsapevole, non nominata né riconosciuta.
Le donne che hanno scritto il Catalogo giallo sentivano che cambiando se stesse il mondo cambiava e noi abbiamo ricevuto e siamo cresciute con questo loro guadagno, tutta la mia esperienza sindacale e politica ne è stata alimentata.
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Dall’incontro con Lia Cigarini e Luisa Muraro, nel lavoro con il gruppo del Martedi della Camera del Lavoro di Brescia è nata la pratica politica della relazione tra donne senza la quale non sarebbe stato possibile il “lavoro di fabbrica e lavoro del pensiero” e il nostro (mio e di altre) “essere sindacato”.
La pratica politica e le esperienze raccolte nelle interviste realizzate (grazie a Loriana Lucciarini) a lavoratrici, delegate, funzionarie metalmeccaniche su “il lavoro, il lavoro sindacale, la contrattazione” nel dicembre 2018 sono diventate i “materiali” per il 27° congresso nazionale della Fiom Cgil.
Il confronto con il pensiero politico della Libreria, la relazione con Giordana Masotto e Luisa Pogliana, ha alimentato il “Tavolo permanente”1 per ripensare lavoro e azienda, una pratica politica che, in un luogo come la Libreria delle donne e in una forma inedita, ha messo insieme la forza e il sapere di sindacaliste e manager.
La relazione tra le donne impegnate al tavolo negoziale nei rinnovi del Contratto nazionale dei metalmeccanici ha individuato e costruito soluzioni contrattuali innovative per donne e uomini e introdotto misure “concrete” per contrastare la violenza maschile contro le donne.
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Nella redazione allargata di Via Dogana 3 sul valore politico del Catalogo giallo e sui testi nati dal pensiero della differenza è diventato evidente quanto “l’intelligenza” collettiva di quel lavoro abbia permesso a noi di trovare parole fedeli al sentire. Oggi, grazie a queste mediazioni, possiamo parlare in prima persona di noi stesse e di come siamo, nel presente.
Chiara Zamboni, nel suo bellissimo articolo Sul pensiero della differenza sessuale ha messo a fuoco una contraddizione che vivo e che non riesco a risolvere: per una parte della mia esperienza riesco a trovare solo parole che si avvicinano a quello che sento, senza mai dirlo davvero.
La parte di me che desidera esprimere pienamente ciò che sente di fronte ai fatti del mondo – quei fatti sui quali voglio «esistere, per esserci in rapporto agli altri e a noi stesse»2 non l’ho scoperta oggi: la conosco da tempo.
L’incontro di Via Dogana 3 ha (ri)messo al centro la questione dell’esperienza femminile che non ha o non trova parole per esprimersi; se non riconosco questa contraddizione, quel «vuoto simbolico pieno di esistenza» – per riprendere le parole delle lettrici di Gertrude Stein nel Catalogo giallo – rischia di essere occupato da descrizioni del reale che parlano anche di me, senza che io ci sia pienamente. E sento concretamente il pericolo che lo spazio delle relazioni si trasformi in un campo di battaglia, dove si muovono appartenenze e ideologie travestite da buoni sentimenti (i cosidetti valori) o da puro pragmatismo.
Silvia Niccolai, nella sua relazione3, segnala «il peso e il pericolo» e indica una traccia: «stare nel vuoto senza cadere nel nulla», senza «cedere al troppo pieno, l’identità troppo intensamente ricercata, il dispendio emotivo per l’una o l’altra buona causa…» perché oggi, dice, siamo di nuovo chiamate a schierarci e teme che il dover dimostrare che siamo dalla parte giusta «ci tolga la parola per dire il modo in cui fa davvero problema la realtà difficile dell’oggi, per ciascuna di noi nel suo concreto».
Chiara Zamboni offre una ulteriore traccia per affrontare il presente con intelligenza; chiarisce che questa ricerca di parole sensate richiede un «…lavoro di parole creativo. Un percorso che non può concludersi, perché un’espressione che sentiamo fedele, è semplicemente un punto di avvistamento da rimettere ogni volta in gioco dato che il nostro divenire si dipana lungo tutta la vita».
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Interrogando la mia esperienza e la mia pratica sindacale trovo un punto di avvistamento in grado di aiutarmi ad affrontare i fatti del mondo, la contraddizione in cui mi trovo: è il concetto di autonomia cioè la capacità, la facoltà, la libertà di esprimere il mio sentire senza subordinarlo ad appartenenze, pratiche identitarie, ideologie e regolandomi su quello che “è giusto” secondo il mio sentire; una pratica politica che mi permette di esprimermi politicamente senza ricadere nella ricerca o nell’affermazione di una identità, che sostiene la mia ricerca di libertà.
Con questa pratica politica possiamo occuparci di quello che succede – anche della guerra e della violenza – al riparo da ogni tentazione identitaria o di estraneità, facendoci guidare dalle lettrici della Stein: «la sua indifferenza politica è estraneità ad ogni ideologia», non estraneità al mondo e a quello che succede.
È un desiderio che mi sembra di riconoscere in altre donne, è stato un desiderio per tante donne prima di noi; l’ho trovato in Virginia Woolf, Edith Warthon, Rosa Luxemburg, così diverse tra loro, eppure quante altre donne (non lo so, lo sappiamo?) hanno trovato parole per significare la loro esperienza di estraneità ad ogni ideologia che sostiene la guerra.
Oggi il mondo è attraversato ed è minacciato da queste pulsioni ed è in questo mondo che «la differenza è in movimento»4.