Condividi

Laura Colombo ha parlato di contraddizioni che si sono aperte nel movimento delle donne con la guerra. Ha ragione.

La precedente situazione, infatti, era del tutto diversa: il Me-too nato negli Stati Uniti ma che ha coinvolto donne di tutto il mondo; l’Europa in mano a Merkel in Germania, con le sue due consigliere donne; Lagarde alla Banca Centrale che parlava di relazione materna e Von der Leyen alla Commissione Europea. Donne che hanno affrontato la crisi economica dovuta al Covid con saggezza, a differenza di quanto si era fatto nella precedente crisi del 2008. Oggi invece con l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, Lagarde tace, Von der Leyen fa la guerriera e la vicepresidente ucraina chiede armi e uomini per vincere la guerra.

Non solo, le prime ministre della Svezia e della Finlandia chiedono di entrare nella Nato, abbandonando la prima duecento anni di neutralità e la seconda almeno ottanta.

Dunque ci troviamo di fronte alle contraddizioni a cui faceva riferimento Laura Colombo. Niente di male. Le contraddizioni se bene analizzate spingono in avanti il pensiero.

La situazione è nota a tutte/tutti: la Russia ha invaso l’Ucraina perché questa vuole entrare nella Nato. La Russia non vuole essere circondata da basi e missili della Nato, che per di più è comandata dagli americani.

Allora perché sbagliano queste donne? Al di là addirittura del pensare e del volere degli uomini.

Secondo me stranamente per il sentire, cioè il rispondere immediatamente all’emozione, alla paura che i loro paesi potrebbero essere invasi dalla Russia. Non per ragioni di potere, quindi, ma al contrario di un sentimento di paura.

Chiara Zamboni, forse la prima a scrivere del sentire delle donne lo ha sempre abbinato alla ragione. Non si tratta però della ragione, il bene più prezioso della cultura maschile, bensì di quella che abbiamo chiamato lingua-ragione.

Nel Sottosopra “Un filo di felicità” (gennaio 1989) abbiamo scritto: «Se ora consideriamo la società con i suoi molti sistemi di scambio, vediamo che l’orizzonte della libertà femminile si allarga grazie alla mediazione dei rapporti tra donne e che questi operano come i segni di una lingua. La lingua delle donne articola il sapere e la materia, prima opaca, che era l’esperienza femminile del mondo. Ragione femminile che nasce come lingua e ne porta in sé alcuni tratti tra i quali, oltre alla disponibilità di prendere o cedere significato, c’è la capacità di farmi passare dal mio io esistenziale alla realtà oggettiva, e viceversa. Ma non una parola sulla quale potremmo agire come ci pare, al contrario. Il suo primato le viene dall’essere il senso della realtà che cambia: quello che le cose vogliono dire».

Quindi quando discutiamo della guerra in corso e delle scelte delle donne riferiamoci al primato della parola, perché forse alcune delle nostre parole sono logorate.