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Prima di iniziare vorrei condividere con voi alcune immagini. Si tratta di una serie di arazzi del ciclo de La Dama e l’Unicorno da poco restaurati e conservati al Museo Nazionale Cluny di Parigi. In un mio recente viaggio a Parigi sono andata a vederli perché sapevo del loro recente restauro e della loro nuova esposizione. L’emozione è stata grande e mi ha lasciato senza fiato. Non solo per l’imponente e meravigliosa opera di tessitura ma anche per ciò che raffigurano: i cinque sensi e l’interezza enigmatica del sentire, del desiderio e del piacere. L’eccedenza femminile come stato estatico e completo di corpo e mente è sganciato qui da qualsivoglia imperativo. Non c’è nulla cui rispondere o attenersi, ma il richiamo libero di un desiderio e di un piacere colti allo stato libero e puro nello spazio esteriore e interiore del proprio sé. Se l’assetto economico delle nostre società fa leva sulla scindibilità dell’essere umano, su piaceri spezzettati e rivolti a “pezzi” di corpo, qui al contrario l’interezza di ogni poro che ci costituisce e che assorbe e riflette tutte le cose è al centro della scena.

(Toulouse) Mon seul désir (La Dame à la licorne) – Musée de Cluny Paris

Il piacere l’ho sempre legato a qualcosa di musicale e di felino. Musicale perché il piacere ha qualcosa di ritmico e di melodico. Godere, con tutti i sensi, rimanda per me all’essere all’unisono con altri ritmi e con questo non mi riferisco solo a relazioni umane ma alla partitura del corpo-mondo di cui facciamo parte. Felino perché il piacere lo imparo anche dall’arte di vivere dei miei gatti, dal loro savoir faire inaddomesticato che è irrevocabilmente fedele solo a sé seppur nella capacità di amare altro da sé.

So che nel piacere femminile vive questa profondità inscindibile tra anima e corpo. Non c’è confine tra i due e neanche semplice connessione, ma intreccio, danza, pulsazione. Così mi spiego quel piacere capace di derivare anche dalla fatica. Da tutte quelle fatiche che non comportano abbruttimento ma un grande potenziamento e una capacità di intensificazione che fa sentire le cose come “vere”, “reali”. Stancare il corpo fino alla spossatezza e provare gioia: penso sia lo stato perfetto di ogni creazione ben riuscita. La leggerezza che ne deriva solleva e porta sollievo alla gravità e al peso della vita quotidiana.

Per ciò che riguarda la mia passione filosofica essa è legata al piacere che mi deriva dai pensieri femminili e dalla loro ironia. La scoperta di un’intuizione femminile che non strappa violentemente la conoscenza ma che invece si lascia attraversare dall’ispirazione per cogliere ciò che è primariamente importante in una vita pensante di donna in cui sapere e vita sono una sola cosa.

Una fonte di piacere imprescindibile è la possibilità di vivere e di sperimentare l’immaginazione in una forma assolutamente gratuita. Ciò accade quando gioco e invento mondi con le mie figlie. Con loro sono stata ovunque e sono stata tutto ciò che ho immaginato di essere. Ho capito che in un certo senso il piacere non ha veramente nulla a che fare con l’economico. Tutto qui è gratuito e pieno di offerte di sé. Il piacere è così una potenza trasformativa, ha qualcosa di alchemico e di fluidificante.

Un’altra fonte di piacere è il contatto con la natura, un contatto non solo visuale ma che riguarda l’avvolgimento di tutti i sensi. Mi sento parte di qualcosa di immenso: una foglia, una goccia del mare, una nuvola del cielo, un germoglio. Il mio tutto non si riduce più al mio io. Fonte di piacere assoluta dell’espressione in tutte le sue forme. La stessa cosa mi accade nella relazione con altre donne. Studi Femministi e altri luoghi in cui il pensiero conosce la gioia del pensare insieme e in  cui i nodi da sciogliere o già sciolti sono i frutti maturi da raccogliere per la vita.

L’insegnamento che ne traggo: capire ogni volta dove si sta nel proprio piacere nel decentramento dall’ego e nello spostamento in una realtà più vasta. Amare il simultaneo rispetto a ciò che eterno, la parola cantata e danzata rispetto a quella scritta.